Vai al contenuto principale
29 Ottobre 2021

Artista e artigiano del marmo di scagliola: "La mia sfida è dare nuova vita a una tecnica antica che non deve morire"

Artista e artigiano del marmo di scagliola: "La mia sfida è dare nuova vita a una tecnica antica che non deve morire"

Ha imparato da Silvio Dellavedova, ultimo esponente della storica famiglia di maestri del marmo artificiale, e con lui ha iniziato a insegnare questa tecnica affascinante e unica che ha il suo cuore a Rima, in Alta Valsesia. Matteo Libanoro, artigiano con laboratorio a Rovasenda ed esposizione a Gattinara,  lavora il marmo di scagliola e continua a diffondere questa antica arte, modernizzandola dove occorre adattare la creazione all’uso moderno portandola nelle case e sulle super-barche di industriali italiani, emiri arabi e imprenditori russi.

Matteo Libanoro si è diplomato nel 1993 al liceo artistico di Novara e poi ha frequentato l’Accademia di arte applicate di Milano con una passione particolare per la pittura, la grafica, e la calligrafia. Ancora oggi dipinge quadri con materiali e tecniche diverse e crea trompe l’oeil, il dipinto che “inganna l’occhio” fin dal Rinascimento e disegna persone, cieli e prospettive dando vita a nicchie, finestre, soffitti e spazi interni ed esterni che si trasformano mostrando quello che non è.

L'incontro folgorante con Silvio Dellavedova

Ma l’incontro folgorante è stato con il marmo artificiale, un impasto di scagliola trattata con collanti e pigmenti colorati che riproduce i vari tipi di materiale naturale: tra le colorazioni più richieste ci sono il rosso di Verona, Levanto e di Sicilia, il blu lapislazzuli, il giallo di Siena, la macchia verde, il verde Alpi, il verde cipollino, l'onice italiano, il rosa di Portogallo, il marmo rosa, granito, il beige di Botticino, il bianco di Carrara e il porfido. Libanoro l’ha conosciuto nel 1999 grazie a Silvio Dellavedova, l’erede della famiglia che ha garantito la sopravvivenza della tecnica antica nata a Rima Valsesia. “Per me lui è stato fondamentale, anche a livello umano perché lo considero come il mio terzo nonno – racconta con affetto Matteo Libanoro -. Mi ha insegnato tutti i segreti di questa arte e poi, vista la mia passione, mi ha portato con lui a tenere corsi per raccontarla negli istituti e non farla morire, dal centro di Venaria Reale ai laboratori Vaticani, dalla scuola per artigiani restauratori a Torino alla “culla” di questa tecnica che si trova a Rima. Alcuni allievi artisti conoscevano la sua esistenza solo dai libri, senza aver mai saputo come si realizza, e ancora oggi è sconosciuta a molti architetti”.

Il marmo artificiale richiede un lavoro lungo, racconta Libanoro, e impegnativo: in media occorrono dalle dieci alle dodici ore per ottenerne una superficie di un metro quadro, il prodotto finito di un piano per un bagno arriva fino a  tre settimane. Il marmo di scagliola è usato per creare oggetti di arredo (vasi, tavoli, piani di lavoro) e dettagli architettonici (colonne), rivestimenti interni di bagni o spa con superfici ampie oppure di spazi piccoli dove conta la leggerezza (sugli yatch di lusso, ad esempio), e per il restauro di finiture antiche di cui non è possibile recuperare il materiale originale, come è successo per il pavimento nella residenza di un conte del Bolognese. “Con un mio allievo di Belluno abbiamo riprodotto una lastra di marmo e partecipato a una selezione di quaranta progetti per un tavolo di otto metri richiesto dalla famiglia Agnelli – racconta Libanoro -. L’architetto che era stato incaricato dell’arredo è venuto in laboratorio per conoscere questa tecnica perché era rimasto molto colpito. Ho realizzato “pezzi” particolari per la villa di un noto politico e per clienti russi e arabi. In questo momento mi sto dedicando allo studio di alcuni elementi di arredo urbano, un altro campo che mi attrae molto”.

La sfida: portare un'arte antica nel futuro

La sfida è stata modernizzare la tecnica per adattarla alle necessità attuali senza però tradire la sua storia. “Nella finitura ho introdotto l’uso della resina anche se non è prevista nella lavorazione antica che invece usa la cera – dice Libanoro – : ma rende il marmo artificiale più resistente e quindi adatto a diversi utilizzi. Ho sperimentato anche soluzioni con una sorta di mattonella in cui sono inseriti led per offrire anche la possibilità di illuminare gli elementi e mi piacerebbe anche seguire sculture con il marmo scagliola. E’ la nuova vita di una tecnica antica che non deve morire mai”.

Nella sua esposizione ”Arteidea” in corso Vercelli 5 a Gattinara, si trovano le applicazioni pratiche di questo concetto: vasi, una scacchiera, gioielli che riproducono il lapislazzuli, una piastrella che richiama il verde della malachite. Ma si scoprono anche le altre “produzioni” dell’artigiano dell’arte: dipinti, esempi di trompe l’oeil e di lavorazioni particolari come lo stucco lustro, fatta ad affresco con finitura a sapone e stiratura con ferri caldi, e la marocchina tadelakt, a base di calce e pietre usata per hammam a Roma, Lecce e Viterbo. Il suo laboratorio è appena stato incaricato dal Comune di Gattinara di realizzare elementi di arredo urbano: alcuni muretti delle piazze cittadine saranno trasformati in panchine con schienali in calcetruzzo (del peso di 160 chili) poi decorati con elementi pregiati di marmo artistico in scagliola.

“Nel mio lavoro unisco la manualità dell’artigiano e la creatività dell’artista – racconta Matteo Libanoro -. Non è facile perché i tempi di “produzione” sono diversi e spesso è difficile conciliare la necessità di lavorare, che ha ogni azienda, con il desiderio di immaginare qualcosa di nuovo e dare spazio alla fantasia”.


Galleria Fotografica


Torna alle storie