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04 Dicembre 2018

La "Nazionale del Pil" a Torino. Confartigianato: "Le opere devono continuare, è un messaggio politico ai politici"

La "Nazionale del Pil" a Torino. Confartigianato: "Le opere devono continuare, è un messaggio politico ai politici"

Undici sigle di imprenditori che riuniscono oltre tre milioni di aziende con 13 milioni di addetti vale a dire il 65% della ricchezza prodotta in Italia e l’80% del valore dell’export: se il Pil italiano, nel 2017, è tornato ai livelli del 2010, è solo merito delle esportazioni, cioè plasticamente della platea di 2 mila persone che si sono riunite alle Officine grandi riparazioni di Torino per la manifestazione #infrastruttureperlosviluppo. È la "nazionale del Pil" come li ha definiti il moderatore Marco Zatterin, vice direttore de La Stampa, ovvero Confindustria, Casartigiani, Ance, Confapi, Confesercenti, Confagricoltura, Legacoop, Confartigianato, Confcooperative, Confcommercio, Cna e Agci. Crescita,infrastrutture, Europa, sviluppo sono le parole chiave che rappresentano la spina dorsale del documento in dodici punti firmato dalle associazioni e proposto al premier Giuseppe Conte.

Confartigianato Imprese Piemonte Orientale era presente a Torino con il presidente Michele Giovanardi, il vice Antonio Elia, il direttore Amleto Impaloni e una delegazione di artigiani associati e collaboratori.

Gli interventi dei presidenti sono stati presieduti dalla relazione dell'economista Roberto Zucchetti, docente della Bocconi, che ha dato una dimensione di numeri al discorso Tav: “La frontiera verso Francia Spagna Portogallo e parte di Inghilterra vale 205 miliardi all’anno. Lo sviluppo passa dalle infrastrutture. La Tav non è una scelta tecnica ma politica e culturale. Che cosa vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti? L’Alta velocità in Italia ha mosso un movimento turistico impensabile prima. Le grandi opere incidono sulla vita quotidiana”.

Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, ha detto: “Le opere che si stanno facendo devono continuare, non possiamo fermarci per altri trent’anni. È molto comodo dire di no: se nessuno vuole le opere in casa propria torniamo indietro. Ci hanno chiamati “prenditori” ma qui c'è gente che in questi anni ha dato sudore, lavoro e sangue. Molti imprenditori hanno unito il fallimento della propria azienda a quello della vita e si sono suicidati. Quest’Italia rialza la testa e reclama ascolto. Noi oggi lanciamo un messaggio politico ai politici “.

 


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