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20 Agosto 2021

Il ‘falso problema’ della dimensione di impresa

Un report dell'Ufficio Studi di Confartigianato Imprese

Il ‘falso problema’ della dimensione di impresa

Confartigianato, intervenendo sul dibattito sulla bassa crescita dell’economia italiana, ha evidenziato come la questione della bassa dimensione delle imprese rappresenti un ‘falso problema’. Come è ben noto in letteratura, lo sviluppo dimensionale delle imprese non avviene esclusivamente con un aumento della capacità produttiva interna – e con il conseguente aumento del parametro della dimensione media – ma anche per linee esterne attraverso fusioni/acquisizioni e, soprattutto, mediante collaborazioni e alleanze con altre imprese.

La complessità dell’ambiente di riferimento, una elevata tassazione dei fattori produttivi e una crescente incertezza temporale dell’andamento del business delle imprese – condizioni presenti nell’economia italiana nel corso degli ultimi quindici anni caratterizzati da tre pesanti recessioni – rendono più conveniente e/o meno rischiosa per l’impesa l’adozione di un modello di sviluppo basato su relazioni con altre imprese.

L’esame dei dati del censimento permanente delle imprese condotto dall’Istat evidenzia che nel 2018 oltre la metà (52,0%) delle micro e piccole imprese intrattiene relazioni, di carattere contrattuali o informale, con altre aziende o istituzioni, pari a 403.872 unità tra 3 e 49 addetti. La propensione ad intrattenere relazioni è diffusa in tutte le classi dimensionali, passando dal minimo del 49,2% nelle micro imprese con 3-9 addetti ed al massimo di 85,8% nelle imprese con 500 addetti ed oltre. Sono proprio le imprese di minore dimensione che mostrano la maggior crescita della produttività del lavoro quando stringono relazioni con altri soggetti, come evidenziato nel report dell’Istat: “in ogni macrosettore e in ogni classe dimensionale le imprese con relazioni presentano livelli di produttività del lavoro (misurata in termini di valore aggiunto per addetto) superiori a quelli delle imprese “isolate”, con divari più ampi nel caso delle aziende di minore dimensione.

Sotto il profilo settoriale la maggior propensione alle relazioni si rileva nelle Costruzioni con il 76,7%, davanti a Manifatturiero (65,5%) e Servizi (44,7%), nei quali è più accentuata l’intensità di relazione tra imprese (che sale al 55,3%) per i Servizi alle imprese.

Per quanto riguarda le tipologie di relazione quelle “di filiera”, quali gli accordi di commessa e subfornitura, sono molto diffusi: il primo interessa circa un terzo (32,5%) del totale imprese e circa sei imprese con relazioni su dieci (61,9%), mentre il secondo interessa un quarto (25,4%) del totale imprese e poco meno della metà (48,3%) delle imprese con relazioni.

La propensione alla relazione tra imprese sul territorio – La propensione alle relazioni delle MPI è diffusa a livello territoriale, con una maggiore accentuazione nel Nord Est (54,4%) e nel Nord Ovest (53,4%) rispetto al Centro (50,6%) e al Mezzogiorno (49,3%). Una propensione più elevata della media si riscontra per P.A. Bolzano (57,1%), Veneto (55,7%), Lombardia (55,2% del totale), Friuli-V.G. (53,7%), Molise (53,5%), Basilicata (53,3%) ed Emilia-Romagna (53,1%).

Infine, uno sguardo alla collaborazione tra imprese che si manifesta mediante i contratti di rete. Da una analisi contenuta nel 16° Rapporto annuale ‘R-Esistiamo. Dalla parte delle piccole imprese’ presentato all’Assemblea di Confartigianato – clicca qui per scaricarlo – si rileva che a febbraio 2021 si sono 6.708 i contratti di rete con 43.583 partecipazioni di imprese, pari a 91,6 partecipazioni ogni 10 mila unità locali del 2018. I contratti di rete sono utilizzati con intensità differenti sul territorio. L’analisi dell’intensità di partecipazioni di imprese a contratti di rete a livello territoriale evidenzia il valore più elevato in Friuli-Venezia Giulia, dove si contano ben 331,1 partecipazioni ogni 10 mila unità locali, il triplo della media; seguono il Lazio con 218,3 partecipazioni, il doppio della media e a distanza, ma sempre con valori superiori alla media, Abruzzo con 133,0 partecipazioni, Umbria con 131,6 partecipazioni, Valle d’Aosta con 119,3 partecipazioni, Basilicata con 105,6 partecipazioni e Puglia con 95,8 partecipazioni. Tra le province primeggia Viterbo con 547,1 partecipazioni ogni 10 mila unità locali, cinque volte e mezzo il valore medio, segue Udine con 421,7 partecipazioni, quattro volte la media, Gorizia con 326,1 partecipazioni, Frosinone con 311,1 partecipazioni, Latina con 295,3 partecipazioni, Pordenone con 283,4 partecipazioni, province che mostrano un valore all’incirca triplo rispetto alla media, Rieti con 269,0 partecipazioni, due volte e mezzo la media e Roma 178,9 partecipazioni, valore che doppia la media.